La memoria del mito della Grande Madre dai primordi ai giorni nostri.
La concatenazione degli eventi, le mitologie nelle varie parti del mondo e come il ricordo di questi si sia trasformato. Dai graffiti nelle caverne alle statue. I simboli che la rappresentano. Gli animali in cui si trasforma la Dea, i rituali. Le evoluzioni della Dea nelle varie epoche del mondo.
Gli astri, lo Hieros gamos e tutto ciò che entra nella sfera dell’evoluzione dal piccolo villaggio alla città fortificata. Esamineremo civiltà e popoli come i Sumeri, gli ebrei, i greci, i romani, gli egizi, i traci, i finnici, i celti, i pellirossa, gli indù, i giapponesi, i precolombiani per scoprire le loro radici comuni fino ad arrivare a Leland, Gardner e al movimento Wicca.
Per scoprire il privilegio delle donne: il partorire.
Perché, come dice Pindaro “Uno è degli uomini, uno degli Dei il genere, da una Madre traiamo il respiro ambedue.”
In copertina, in posizione centrale, la scultura di Sieglinde Tatz Borgogno raffigurante la maternità che è esposta nel Giardino delle sculture presso il Comune di Salorno. Le foto sono di Giuseppe Fiorica, il progetto grafico di Alice Durigatto.
La poesia che apre il saggio:
GRANDE MADRE
Di verde vestita ti vedo arrivare,
un nido di rondini
fra i capelli biondi di grano maturo.
I tuoi occhi sono laghi profondi
dove potersi specchiare.
Vorrei perdermi nel tuo grembo,
madre, amante, figlia.
Vorrei correre negli anfratti più scuri,
fra le rocce e le cascate.
Ti perderò nel pozzo profondo,
specchio della tua anima
e ascolterò il richiamo della civetta
per venirti a cercare.
Poi l’ululato dei lupi
e sarai luna che sorge e inganna.
Dammi sogni, Madre.
Dammi la follia che risana,
la risata che libera.
Dammi il tintinnio delle gocce di pioggia.
Dammi l’oblio da pensieri foschi e cupi,
per perdermi sotto un mucchio di foglie
e infine rinascere.




