Tarocchi dei Templari 

“Cavalieri senza macchia” così ce li presenta la tradizione popolare, ma i Templari sono molto di più.

L’aurea di mistero che li ha sempre avvolti ce li consegna come simboli iniziatici e religiosi da cui nasce un ordine che si dirama dal Tempio fino ai campi di battaglia, ma che al Tempio ritorna per la spiritualità e il bagaglio di trame che si perdono nei sotterranei della loro sede.

Iniziano quello che diverrà un cammino luminoso presso una moschea araba, la Cupola, sorta sulle rovine del Tempio di Salomone, da qui il nome di Templari. Per quasi dieci anni il loro numero fu cristallizzato in nove membri. Sappiamo che il nove è un numero perfetto, è il quadrato di tre, rappresenta la stella a nove punte e, secondo Dionigi l’Areopagita, i nove cori degli Angeli.
Il nove è la fine di un ciclo, ma anche l’inizio di un nuovo percorso che si protrarrà per anni.   

La regola dei cavalieri trae le sue radici dall’elogio della cavalleria di Bernardo da Chiaravalle che permise ai monaci (quali essi erano in origine) di impugnare le armi e di commettere “malicidio” cioè di uccidere il male che albergava nel cuore degli infedeli. Durante le crociate si distinsero per il loro coraggio e le loro capacità militari. Quindi uccidevano nel nome del Signore e trovavano la loro ragione nel vangelo di Giovanni, il più intellettuale degli evangelisti.

Dovevano essere poveri e puri, non l’Ordine, ma il singolo monaco. 
Questo spiega uno dei simboli: il cavallo con in groppa due cavalieri. Doppio significato: primo povertà, secondo l’ambivalente carattere di monaco e di guerriero.

Seguendo il credo di Bernardo avevano come loro protettrice la Madonna, ma è una Madre che si pone al livello del Figlio e che apre, come nell’arcano della Papessa, il velo che cela l’inconscio dietro le colonne del Tempio di Salomone.

Concetti che trovano le loro radici nella Gnosi e che prestano il fianco al pericolo di eresia.
Nei loro sigilli, i simboli degli gnostici come l’Abraxas rappresentato nell’arcano n.VII – Il Carro o una delle visioni di Ildegarda da Bingen come nell’arcano del Sole. Il tanto temuto Baphomet, disegnato poi nell’Ottocento da Eliphas Levi nel libro “Dogme et rituel de l’haute magie” rappresenta un idolo con la testa di capro, due corna e le ali nere (a ben guardare la testa rappresenta un giglio), non è altro che la corruzione di una parola araba “Bufhimat”che significa “Padre della conoscenza” o Sapienza cioè Sofia. Ricordiamo che il giglio è uno dei simboli templari.

Questi concetti non erano a portata del templare guerriero che era spinto dal credo della croce patente e seguiva il gonfalone “Beauceant”nei campi di battaglia, ma del templare monaco che studiava e tesseva le reti dei rapporti con i musulmani e con i potenti dell’epoca.

Brillarono per il loro sapere e per le soluzioni anche commerciali che riuscirono a trovare in un’epoca buia e gretta. Inventarono un loro linguaggio segreto (vedi l’arcano della Ruora) e, forse, si addentrarono nel terreno pericoloso, per loro, della ricerca del Graal come attesterebbe la tomba dei Saint Clair, fondatori poi di quella massoneria scozzese che i cavalieri Templari, sfuggiti agli sgherri di Filippo il Bello, fondarono quando andarono in aiuto del re di Scozia Bruce contro gli inglesi.

Le crociate si erano già spente in un lago di sangue e le terre di Oltremare erano ormai un miraggio lontano, il Gran Maestro era stato arso vivo, i fuggiaschi templari ripararono in Scozia e in Portogallo,
la croce patente non svettava più sui gonfaloni, ma restò incisa sui loro cuori.

 Arte del mazzo Franco Rivolli con cui ho più volte collaborato. 

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