Alle oche selvatiche

Ditemi voi cosa vi aspettereste se i vostri umani vi dicessero:

«Stasera si va alle Oche Selvatiche, ceniamo e dormiamo là».

A dirla tutta io, con i miei umani, alle Oche Selvatiche c’ero già stata a pranzo.

E’ un posto bellissimo a Grado che dà direttamente sul fiume o laguna che sia e soprattutto avevo già adocchiato un nutrito gruppo di oche che passava il tempo a sguazzarci dentro.

La volta precedente non mi ero potuta tuffare, ma avevo visto che c’era anche una passerella sull’acqua, non gialla come quella di Christo, ma più solida in legno e altrettanto efficace.

Insomma mi ripromettevo nella serata o al massimo la mattina seguente una bella caccia all’oca.

La cena si è aperta nei migliori dei modi con un bellissino cartoccetto di fritture che io e la vecia abbiamo equamente condiviso (ho scoperto che il pesce fritto è moolto più buono del bollito che mi dà di solito), poi ho rosicchiato un cubetto di ghiaccio che sapeva di arancio e di quintessenza, almeno così l’ha chiamato Cristina, mia grande amica, che lo aveva preparato.

E poi…poi mi sono addormentata sotto la sedia della vecia, anche se di quando in quando mi arrivavano dei profumi delicati e particolari che solleticavano il mio tartufo.

Li conoscevo già perché lei li aveva preparati, tempo prima a casa, e aveva pronunziato la solita domanda retorica, che fa ogni volta ”Occorre che qualcuno provi i piatti” Le prime volte mi sono affannata a dimenare la coda, a tentare di mettermi in piedi con un “Arff, Arff” gentile e deciso, se c’è da provare io ci sto, ma ogni volta lei mi allontana gentilmente con “NO” netto e reciso, “Tu non puoi, troppi intingoli”.

Io non so cosa siano esattamente questi intingoli, profumano divinamente, ma per me sono Tabù quindi ho continuato a sognare le oche, rimandando al giorno dopo la caccia.

Devo dire che l’indomani mattina è iniziata nel migliore dei modi. Colazione romantica all’aperto, quasi sulla passerella, ma per quanto io scrutassi di oche neanche l’ombra.

E poi… e poi il cielo è divenuto scuro all’improvviso, gonfio di nuvole portate dal forte vento,

ed è iniziato a piovere così forte che, invece di goderci la famosa Domenica di relax i due veci hanno deciso di partire subito.

Salutata la signora Adriana che ci ha gentilmente ospitato, ho dato un’ultima occhiata fuori e, proprio mentre stavamo per partire, sull’acqua sono sfilate almeno una trentina di oche.

Sono certa che mi hanno guardata con un sorriso beffardo e lanciato nell’aria un richiamo canzonatorio mentre la macchina si metteva in moto.

Ho annaspato inutilmente contro i vetri della macchina ed i miei si sono voltati chiedendomi

«Che c’è?» .

Abbaiando e dando leggeri colpi al vetro ho indicato i volatili.

«Ah, le oche! Belle vero?» e siamo ripartiti mentre uno stormo di uccelli prendeva il volo.

Per tutto il viaggio di ritorno ho sognato gli imprendibili pennuti. 

oca selvatica

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