Vi ho già detto che sono stata in vacanza?
E in un bell’albergo anche, con piscine (due, dove non potevo andare), ristorante (dove non potevo entrare) a parte questo, fuori ha ampi spazi dove posso girare libera.
E’ anche munito di fotocellule perciò la luce si accende man mano che passi, certo per me ci vuole accanto un umano perché essendo troppo piccola non mi rileva.
L’albergo è grande, ma gestito da una famiglia e l’atmosfera è molto cordiale. Il padre dell’albergatore ha la passione della caccia, sulle mura sono appesi i trofei collezionati in anni d’attività:
animali ed uccelli impagliati, teschi di cervo, d’alci con i loro palchi di corna ed infine un orso gigantesco che fa bella mostra di se nel corridoio mentre sembra che stia per prendere un favo d’api da un tronco d’albero messo accanto.
Anche i quadri sono vecchie stampe di caccia, insomma tutto a carattere venatorio.
Mi dicono che i miei antenati dovevano essere cani da caccia, sarà io tuttalpiù mi limito alla caccia alle mosche.
Abbiamo trascorso dei giorni sereni, tutto sommato una bella vacanza, ma non potrò mai dimenticare quella notte…
Sapete che sono una cagnetta educata e che avverto quando ho necessità fisiologiche.
Di solito dopo l’ultima passeggiata serale, faccio tutta una tirata fino all’indomani. Però quella notte…
Quella notte c’era qualcosa che non andava ed il mio stomaco faceva strani rumori, insomma dovevo uscire.
Mi dispiaceva perché i due veci avevano spento la luce da un bel po’ e non si sentivano più rumori nell’albergo.
Quindi ho fatto un timido “Bau”, che ho ripetuto dopo un po’. Lui si è svegliato. «Devi proprio uscire?»
mi ha chiesto.
Ho annuito con la testa e lui con un sospiro si è alzato, ha indossato un giubbotto sopra il pigiama, mi ha messo il guinzaglio e ci siamo avviati lungo i corridoi dell’albergo.
Eravamo quasi vicino all’orso, quando guardando fuori «Acc… piove!» ha esclamato lui.
«Aspettami qui, vado a prendere il tuo impermeabile e l’ombrello.» e se n’è andato lasciandomi sola al buio, perché la fotocellula, nel frattempo, ha pensato bene di spegnere le luci.
Purtroppo noi cani non possediamo la visione notturna dei gatti (cosa darei per averla!) e quindi mi sono sdraiata per terra cercando di non pensare, perché, devo ammetterlo, un po’ di fifa l’avevo.
Ad un tratto ho sentito dei fruscii, un rumore d’ali sempre più vicino, un odore aspro e selvaggio ha riempito l’aria.
Infine, in una specie di chiarore fluorescente, ho visto scendere dalle mensole gli animali, volare gli uccelli una processione d’animali che avanzava lentamente ed inesorabilmente verso di me.
C’erano cervi, lontre, faine, ermellini, lepri bianchi come la neve, scoiattoli ed uno stormo d’uccelli che volava sopra di loro.
Da un ramo una civetta fece il suo verso e una massa d’uccelli rapaci volò radente verso il mio rifugio.
Ero terrorizzata, non riuscivo a muovermi, ma, all’improvviso, un’enorme massa scura si frappose fra me e i miei avversari…fu un attimo, poi la luce si accese e il mio vecchio arrivò con l’impermeabile.
«Su, cosa fai immobile, non dovevi uscire?»
Mi guardai attorno mentre lui m’infilava l’impermeabile.
Gli animali erano tornati al loro posto anche se la faina aveva una luce rossastra negli occhi mentre mostrava i denti aguzzi.
Riuscii a reprimere un brivido ed uscii con il vecchio. Giuro che, per la prima volta, non mi è dispiaciuto uscire con la pioggia.
L’indomani eravamo di partenza e, mentre loro salutavano gli albergatori, ho fatto un salto nel corridoio. Dovevo salutare l’orso e, dato che non c’era nessuno, ho dato una leccatina alla sua zampa.
«SHEELA» mi hanno richiamata i due impazienti di partire, mi sono voltata per salutare un’ultima volta l’orso e sono sicura che lui mi abbia strizzato un occhio mentre la sua voce mi sussurrava
«Salutami Bubu.»


