Dei tre cuccioli di Nausica, Minerva è la più timida.
E’ una bella cucciolina bianca e marrone; piccola, con un’aria trasognata e romantica.
Infatti, è un’amante dei fiori: s’incanta a guardare la corolla di una margherita, magari dà un morsettino al gambo per vedere di che sa. Insomma carina, romantica e con la testa fra le nuvole; l’opposto di suo fratello Ulisse: irruento, spavaldo e un po’ sbruffone.
Due opposti, ma che stanno bene insieme proprio per questo.
Andiamo con ordine. I cuccioli abitano nella mia stessa strada, tre villette prima della mia e un giorno in cui il nonno non aveva chiuso bene il cancello, sono usciti per una passeggiata esplorativa o almeno Ulisse è uscito e Minerva l’ha seguito per non essere da meno.
Per fortuna non c’erano macchine ed io ero in giardino, così mi sono accorta di loro, li ho fatti entrare e sono corsa ad avvertire il nonno che erano al sicuro da me.
Minerva si stava guardando attorno quando si é paralizzata davanti al portoncino di casa mia: qualcuno la stava osservando.
Restò immobile, poi girando la testa si accorse che da dietro i vetri della finestra, un gatto nero la guardava. La piccola si sentì a disagio. Lei non aveva niente contro i gatti, però, insomma un gatto era pur sempre un gatto. E forte di questo assioma chiamò suo fratello.
Ulisse guardò e si accorse che il gatto non si muoveva, era sempre fermo a guardarli da dietro i vetri.
«Sciocchina» disse «non vedi che non si muove, probabilmente è finto. Non c’è nulla da temere. Vieni andiamo in giardino.»
Minerva non era molto convinta, ma seguì il fratello nel prato dietro la casa.
Nel frattempo io ero ritornata. Minerva mi venne incontro e si fermò davanti alla finestra con il gatto, era evidente che ne aveva timore.
«Oh, quello. Non devi aver paura è di legno, guarda.»
Entrai e tirai fuori la sagoma del gatto nero che da sempre è messo dietro la finestra di casa. Minerva, ridacchiò imbarazzata e, felice per aver superato la paura, mi oltrepassò per andare a raggiungere il fratello.
Ulisse però stava tornando di corsa e aveva imboccato il viottolo ripassando davanti alla sagoma del gatto nero.
«Il gatto è anche qui, non è possibile. Vieni Minerva, andiamo via.»
Così li riaccompagnai a casa e tornai nel mio giardino.
Quasi sotto l’albero di prugne c’era il mio amico gatto. Vi ricordate, ne ho già parlato.
Un micione nero che passa parte delle sue giornate nel mio giardino. Abbiamo un patto di non belligeranza. Io non abbaio e lui non miagola, ci limitiamo a guardarci muovendo la coda se abbiamo qualcosa da comunicare.
«Che hai fatto al cucciolo?» ho chiesto.
«Io, niente. Ha fatto tutto lui. Prima mi ha grugnito, non so cosa stesse pensando e quando ho mosso la coda per fargli capire che non avevo cattive intenzioni è scappato via. Sono cuccioli, hanno ancora tanto da imparare.»
Mi sdraiai sotto il portico di fronte a lui e siamo rimasti così per un bel po’ finché la vecchia
non mi ha chiamato.
«Vai, non ti preoccupare per me. Io resto ad aspettare la luna, poi andrò via.»
Il bello dell’amicizia sta proprio in questo che l’amico ti accetta per quello che sei, senza aspettarsi nulla di più.
I cuccioli hanno ancora tanto da imparare.

