La compagnia del cavalier King

Che Minerva fosse una sognatrice, era cosa nota a tutti, ma che i suoi sogni ci avrebbero cacciati in un bel guaio, questo proprio non lo sapevamo.

Vediamo, però, di chiarire come andarono veramente le cose.

Fin dagli inizi del mese di Dicembre, il mondo, almeno quello a noi noto, si stava preparando al Natale. I suonatori di cornamusa emettevano i loro lunghi suoni che davano un po’ fastidio alle nostre orecchie molto delicate, ma che introducevano all’atmosfera giocosa che regnava un po’ ovunque. Era il primo Natale dei cuccioli e per loro tutto era una novità.

Non so proprio dove Minerva e Ulisse andarono a scovare quel libro di fiabe, racconti e leggende natalizie, ma ci passavano intere ore fra gnomi, elfi, renne volanti in paesaggi nevosi e pieni di alberi.

A Nausica, in fondo non dispiaceva. Tutto sommato stavano tranquilli e lontano dai guai. Sembrava che tutto andasse bene quando una sera, trovai un messaggio della mia amica.

Com’è noto, noi cani non possediamo telefonini, ma abbiamo una sorta di telepatia, messaggi brevi per chiamarci che si distinguono con il colore con cui arrivano. Verde: va tutto bene.

Giallo: attenzione pericolo in vista. Dorato: felicità. Nero: stato di angoscia, pericolo.

Questo era di un nero profondo, assoluto.

Mi precipitai nella loro villetta, stiamo vicini, e trovai Nausica molto agitata.

«Minerva è sparita.» esclamò.

«Hai provato a chiedere a suo fratello se sa dove è andata?»

 «Certo. E’ tutta colpa di quel libro. Minerva ha cominciato a interessarsi alle leggende, a sognare. Tu sai che ci riesce molto bene. Credo che sia finita in uno di quei mondi.»

Presi il libro, lo odorai. Alcune pagine erano state sfogliate più volte, segno che la interessavano, poi da un’immagine in particolare avvertii un leggero vento. Guardai bene. L’immagine mostrava una foresta di abeti con la neve mossa dal vento e in fondo s’intravedeva una casetta con un piccolo gnomo.

«Credo proprio che dovremo cercarla lì. Però il territorio sarà vasto avremo bisogno di aiuto.»

«Io sono pronto.» Esclamò Ulisse che si era mantenuto in silenzio fino a quel momento.

«Non se ne parla nemmeno» Ho già perso Minerva, non voglio mettermi a cercare anche te.

«Ma mamma…»

«Tua madre ha ragione. Contatterò mentalmente mio fratello Giotto e il mio amico Trudy.»

«Così perderemo del tempo!»

«Tranquilla, mando un’immagine telepatica di dove devono andare e poi basterà che si assopiscano per ritrovarci insieme sul posto.»

Visualizzai bene l’immagine del libro e la trasmisi ai due Cavalier.

«Fatto, adesso guarda bene l’immagine e sogna di essere là.»

Nel momento in cui chiusi gli occhi, mi resi conto che Ulisse era rimasto ad ascoltarci e che fissava intensamente il disegno sul libro, così non rimasi sorpresa quando, riaprendo gli occhi, me lo trovai davanti.

«Ulisse!» esclamò agitata Nausica.

«Lascia, ormai non lo puoi rimandare indietro. Tu stai vicino a noi e, mi raccomando, niente bravate o comportamenti da eroi. Capito?»

Ulisse uggiolò con fare rassegnato, ma si vedeva che era contento di essere lì.

Stavamo guardandoci attorno per vedere dove eravamo finiti quando una cascata di neve, proveniente dal ramo di un abete, quasi ci seppellì.

In quel mentre sentimmo le voci di Giotto e Trudy che ci chiamavano.

«Siamo qui!» riuscimmo a farci sentire e, in men che non si dica, i due maschietti ci tirarono fuori dalla neve. Più in là uno scoiattolo rideva silenziosamente, giocando con una piccola ghianda.

Spiegai in fretta quello che era successo. Dovevamo assolutamente trovare Minerva prima della fine della notte, altrimenti sarebbe rimasta lì per sempre.

«Dobbiamo ritrovarla, non voglio perdere la mia sorellina, ma dove iniziamo a cercarla?»

Mi avvicinai allo scoiattolo che continuava a guardarmi con fare sornione.

«Buongiorno» dissi.

«Non vedi che è notte. Si dice Buona notte.»

«Hai ragione, buona notte.»

«Bene, buona notte. Adesso posso andarmene.»

«Perché?»

«Hai detto”Buona Notte”, discorso chiuso» e fece per allontanarsi, ma io me lo aspettavo e fui più lesta di lui. Lo presi per la coda e lo alzai da terra lasciandolo pendolare.

«Mettimi subito giù, maleducata.»

«Non prima che tu mi abbia detto dove è finita la cagnolina che è arrivata prima di noi.»

«Non è arrivato nessuno come voi. Ahi, ahi, basta, lasciami la coda!»

«Se è la precisione che vuoi: era come noi, ma più piccola e con un manto bianco e marrone.»

«Ah, quella! Vediamo un po’.»

Diedi un forte strattone alla sua coda. «E’ andata da quella parte, passava giusto un cavallo marrone dal pelo lungo che l’ha presa in groppa. Non riuscirete mai a trovarla.» Ghignò

Girai per aria la sua coda come un mulinello scaraventandolo di là di una montagnola di neve.

«In marcia, non possiamo perdere tempo.» Ci mettemmo a correre sulla distesa bianca, affondando leggermente per la neve fresca.

Giotto mi si avvicinò «Non sei stata gentile con quello scoiattolo.» mi sussurrò.

«Non era uno scoiattolo, ma una fairy, una fata dispettosa che assume le sembianze più strane e che si diverte a fare del male.»

Continuammo a correre nella notte buia quando in lontananza iniziammo a vedere un puntino luminoso che si muoveva lentamente. Raddoppiammo gli sforzi e raggiungemmo un vecchio coperto da un ampio mantello che reggeva una lanterna e una specie di monaco, vecchio e sporco, con un sacco sulle spalle e il manico di una frusta che usciva dalla cintura.

I due si fermarono e noi ci mettemmo a circolo, intorno a loro.

«Guarda, guarda. Una compagnia di Cavalier King. Cosa ci fate in mezzo alla neve nella notte buia?» Disse il vecchio con la lanterna in mano. Lo guardai, dava l’impressione di conoscere già il motivo.

«Oh, signore, se ci poteste aiutare. La mia cuccioletta è qui da qualche parte, nel mondo dei sogni, e noi dobbiamo ritrovarla.» Disse Nausica con sguardo implorante mentre una lacrima si faceva strada sul musetto coperto di neve.

«Sì, bisogna assolutamente che la ritroviate prima dell’alba. Altrimenti lei rimarrà per sempre in questo mondo e voi vi perderete in quel confine labile che li separa.»

«Dove possiamo cercarla?» chiese Giotto.

«Andate sempre diritto. Troverete una casetta con uno gnomo davanti. Chiedete di entrare in nome dell’Amore. E’ la casa della regina delle nevi. E’ sola, vuole tua figlia perché le faccia compagnia.»

«No, Minerva non accetterebbe mai!» esclamò Ulisse.

«Tua sorella non ha più memoria di sé e di quello che era. Andate adesso che vi resta poco tempo.»

Dopo averlo ringraziato, stavamo per rimetterci a correre quando sentii che mi chiamava.

Trotterellai fino a lui.

«Tieni» disse prendendo dalle mani dell’altro individuo un fazzoletto bianco e mettendomelo nel collarino «saprai cosa farne al momento giusto.»

«Grazie» dissi voltandomi e ricominciai a correre.

Dovevano essere passati una decina di minuti da quando avevamo lasciato i due monaci, quando iniziammo a vedere una casetta con le finestre illuminate. Dopo pochi minuti eravamo già lì, davanti alla porta uno gnomo con la barba bianca e lunga.

«Ehi, fermi non potete entrare. E’ la dimora della Regina delle Nevi e, senza il suo invito, non si passa.»

Si fece avanti Nausica «Te lo chiedo in nome dell’Amore.» disse guardandolo negli occhi.

Lo gnomo si tormentò la barbetta, dondolandosi sulle gambe corte, tossicchiò, poi a testa bassa aprì la porta. Entrammo in perfetto silenzio.

Quella che era sembrata una piccola casetta era invece uno splendido castello.

Le pareti erano coperte di rami di abete argentato, ghiaccioli iridescenti facevano da candelabri e bacche rosse puntellavano broccati preziosi. Infilammo una serie di stanze illuminate, ma senza alcuna presenza. Sembrava quasi che il castello fosse vuoto, quando sentimmo provenire dall’ultima stanza in fondo, una serie di risate, un abbaio gioioso…

Nausica mise le ali ai piedi e si precipitò verso quei suoni.

Nella stanza regnava un’atmosfera gioiosa. Il focolare acceso illuminava una serie di gnomi che danzavano a circolo intorno ad una donna molto bella, con i capelli lunghi che sfumavano in una tonalità azzurra. Era vestita di pizzi che la fasciavano come una ragnatela e teneva verso l’alto Minerva che le stava leccando la faccia con aria adorante.

«Minerva!» il grido di Nausica era straziante, ma la piccola la guardò con fare indifferente.

«Cosa sei venuta a fare?» chiese la donna con voce dura.

«La mia piccola…» Nausica piangeva.

«Non si ricorda più di te. Resterà sempre qui a farmi compagnia, vero cara?»

Minerva abbaiò contenta e le si strofinò addosso.

«Oh, ma che gentile. Vedo che hai portato un altro cucciolo. Vieni bello, farai compagnia a tua sorella.»

Ulisse digrignò i denti, indietreggiando con aria feroce.

In quel momento ricordai le parole del monaco e tutto mi fu chiaro. Passai il fazzoletto sugli occhi di Nausica e lo porsi, di nascosto, a Ulisse.

«Fingi di accettare. Appena sarai vicino a Minerva, bagna i suoi occhi con le lacrime di tua madre e poi scappate. Noi intanto creeremo un diversivo.»

Così, mutata espressione, Ulisse si avvicinò con fare incerto alla donna.

Io, intanto, avevo avvisato Giotto e Trudy di far finta di litigare per aprire un varco fra gli gnomi e permettere ai due cuccioli di scappare.

«Bene, vedo che ti sei deciso. Vieni, sarai il mio secondo figlio.»

Nausica diede un grido straziante e Ulisse ne approfittò per bagnare gli occhi a Minerva, che lo guardò con fare stupita.

«Cosa ci facciamo qui?» chiese.

Ulisse le diede uno strattone «Scappa» disse e s’infilarono fra gli gnomi che erano rimasti interdetti.

«Prendeteli!» urlò la regina, ma Trudy e Giotto s’infilavano fra le gambe degli gnomi facendoli cadere.

Riuscimmo a guadagnare la porta, mentre dietro di noi le stanze iniziavano a vorticare e a sciogliersi.  Ci buttammo fuori dal palazzo, lampi di luce rosata iniziavano a rifrangersi nel cielo e nella neve. Poi una colonna d’aria ci sollevò, tutto divenne buio e alla fine ci ritrovammo a casa.

Nausica non la finiva più di leccare sua figlia. Io congedai Trudy e Giotto.

«Grazie, siete stati preziosi. Senza il vostro aiuto non so se ce l’avremmo fatta.»

«Alla bisogna, sempre a disposizione.» Poi svanirono per andare a ricongiungersi con il proprio corpo.

Eravamo rimasti in quattro.

«Ora è meglio che vada anch’io. Minerva, forse sarà meglio che sogni meno su quei libri. Può essere pericoloso, come vedi.»

«Si, hai ragione. Però mi sarebbe piaciuto tanto incontrare Babbo Natale…»

«Intanto ti sei fatta rapire dalla Regina delle nevi e per quando riguarda Babbo Natale, noi l’abbiamo incontrato, anzi sei salva grazie a lui.»

«Babbo Natale?» fece Ulisse « e quando? C’era solo un monaco con il suo servo.»

«Appunto San Nicola con il servo Ruprecht, quello che con la frusta punisce i bambini monelli come i Krampus.»

«Santa Klaus ed io non l’ho visto. Che peccato!» fece Minerva mentre gli occhietti si andavano chiudendo.

«Minerva è proprio una sognatrice nata. Credo che dovrai sorvegliarla molto attentamente.»

Poi raggiunsi la mia cuccia e mi sdraiai con un sospiro di sollievo, nel voltarmi trovai un rametto di agrifoglio pieno di rosse bacche. “Santa Klaus…” lo ringrazia mentalmente e, finalmente, mi addormentai anch’io.

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