Prima Parte
Ormai le vacanze sono un ricordo quasi lontano e un lunedì, che ero in casa, ne ho approfittato per andare a trovare la mia amica Nausica che era appena ritornata dalla Grecia.

«Allora cosa mi racconti?» ho chiesto a Ulisse che stava scavando una fossa in giardino «Ti è piaciuta la vacanza?»
«Tantissimo» ha risposto lui «è stato tutto super.»
«Minerva?»
«Lei è rimasta con il nonno, adesso deve essere nell’orto. Le è venuta la mania dell’agricoltura» ha sorriso Nausica con fare accondiscendente.
Ulisse era ormai preso dai ricordi e fui travolta da una serie d’avventure che lui elencava con velocità mangiandosi le parole.
«…e proprio mentre stavo raggiungendo il fondo del mare, una sirena mi venne incontro e mi sorrise.»
Nausica quasi boccheggiò «Dove le vai a trovare queste storie? Tu, in fondo al mare?»
«Ha una bella fantasia» dissi sorridendo al cucciolo che guardava sua madre con aria impertinente.
«Ma sì, mamma è proprio vero.» Ribadì Ulisse mettendo il broncio.
Nausica alzò gli occhi al cielo, ma si vedeva che in fondo non le dispiaceva.
Fu in quel momento che arrivò di corsa Minerva.
«Mamma, mamma…»
«Non si saluta prima?» disse Nausica che ci teneva molto alle buone maniere.
«Lasciala stare, non vedi che è sconvolta. Cosa ti succede cucciola?» chiesi.
«La melanzana…quella con il naso lungo…»
«Tutti sognatori i miei cuccioli. Amore, le melanzane non hanno il naso.»
«Questa ce l’ha, mi ha guardata in maniera cattiva ed ha detto:”Andrai sotterra”».
«Nessuno può intimidire la mia sorellina!» esclamò Ulisse e si diresse di corsa verso l’orto e noi fummo costrette a seguirlo.
In effetti, al centro dell’orto c’era una grande melanzana, con una protuberanza che assomigliava molto ad un naso il che le conferiva un’aria spavalda.
Ulisse si piazzò sotto di lei e le mollò una zampata.
«Ti faccio vedere io a prendere in giro la mia sorellina!» esclamò.
Si udì una specie di sghignazzo, improvvisamente la terra si ribaltò e ci ritrovammo tutte e quattro sotto terra.
«Hai visto cos’hai combinato?» disse Nausica rimproverando Ulisse.
«Lascia, non è colpa sua. Vediamo invece di trovare una via d’uscita.»
L’ambiente era buio e l’aria stantia, dal soffitto pendevano le radici delle piante sovrastanti, ma una luce s’intravedeva in fondo.
«Guarda una luce» disse Ulisse correndo verso di essa.
«Attento cucciolo, potrebbero esserci dei pericoli, muoviti con cautela.» E gli corsi dietro.
Feci appena in tempo a prenderlo al volo per la coda, dato che la luce emanava da un piccolo laghetto dove Ulisse stava per cadere.
«Grazie, ma ce l’avrei fatta da solo. Comunque è acqua salata.» E sputò un po’ d’acqua.
Intanto ci avevano raggiunto Nausica e Minerva.
«Smettila di fare il gradasso. Adesso segui Sheela.»
Continua
Foto di Ulisse che interpreta se stesso- Janara, strega e sirena, ceramica di Caruso. Melanzana dell’orto

Seconda Parte
In fila indiana aggirammo il laghetto. Tutto intorno c’erano come dei piccoli diamanti che rifrangevano la luce perciò riuscivamo a vedere dove mettere le zampe.
Camminammo per un po’ seguendo il rivolo che sfociava come avevamo visto nel laghetto e arrivammo alla fonte.
Seduto ai piedi di un masso, c’era lo gnomo più brutto e piccolo che avessi mai visto. Aveva un naso enorme e dagli occhi, chiusi, scorrevano in continuazione lacrime fluorescenti che finivano per formare il fiumiciattolo di prima.
Ci fermammo tutti sorpresi e Minerva, stanchissima, si stese a terra e si addormentò in un baleno. Lo gnomo aprì gli occhi e ci guardò interrogativamente.
Mi feci avanti e «Buongiorno» salutai.
«Buongiorno a voi.» Rispose lui, continuando a piangere.
«Perché piangete tanto?» chiese Ulisse.
Lo gnomo lo guardò per qualche istante «Piango perché sto morendo di fame.»
Istintivamente Nausica si pose davanti ad Ulisse.
«Non abbiate paura» riprese lo gnomo «io, mi nutro di sogni. E’ da tanto che non riesco più a sognare e se continua così…»
«Mi dispiace» dissi io «anche noi ci troviamo in una brutta situazione. Dobbiamo tornare di sopra e non sappiamo come fare.»
Intanto dal naso dello gnomo iniziò a fuoriuscire un filo argentato che guizzava nell’aria come se cercasse qualcosa.
«Dovete ritornare sui vostri passi e appendervi alle radici delle piante. Vedrete che la terra si ribalterà e voi tornerete di sopra, ma senza questa piccola sognatrice.»
Il filo argenteo dette un guizzo e si attorcigliò al collo di Minerva.
«Ridammi la mia cucciola.» abbaiò Nausica cercando di spezzare il filo, ma questo ogni volta che si rompeva si rimaterializzava istantaneamente.
«Non potete romperlo è impalpabile: fatto di sogni. Tutto ha un prezzo, io vi ho indicato come uscire e tua figlia resterà qui a salvarmi la vita.» Disse lui e si addormentò con un sorriso beato e con gli occhi finalmente asciutti.
«Eppure un modo ci deve essere» ragionai io a voce bassa «vedi se riesci a svegliare Minerva.» Dissi a Nausica, ma per quanti sforzi facesse la piccola continuava a sognare.
«Ci penso io.» esclamò Ulisse.
Nausica scosse il capo, delusa.
«Lascialo fare, tanto che ci perdiamo.»
Ulisse si accostò a sua sorella ed iniziò a sussurrarle nell’orecchio qualcosa.
All’inizio non successe nulla, poi mi accorsi che il filo si ritraeva come se bruciasse e dagli occhi dello gnomo penzolava una lacrima.
«Prendo io Minerva, sono di taglia più grande e ce la faccio meglio a portarla. Andate presto.»
Appena l‘ultimo segmento del filo si disciolse, presi Minerva per la collottola e mi slanciai ripercorrendo all’indietro il sentiero fino ad arrivare sotto le radici.
Un urlo ci giunse dal fondo.
«Presto, tirate!»
E fu così che ci ritrovammo di nuovo nell’orto del nonno, la melanzana era sparita.
Minerva, che non si era resa conto del pericolo, ci guardava stranita alle nostre manifestazioni d’affetto.
«Cosa hai sussurrato a Minerva?» chiesi.
Ulisse mi guardò con aria scaltra.
«Ho pensato che se lui aveva bisogno di sogni, gli incubi erano la cosa da raccontare per liberare Minerva e così le ho sussurrato un po’ di cose spaventose.»
«Ah» esclamò Minerva «allora sei tu che ti diverti di notte a svegliarmi con i tuoi incubi!»
e mollò un morso alla zampa di Ulisse che non si sentì più tanto eroe.
I due si misero a rincorrersi nel prato e noi ce ne ritornammo in veranda.
«Aspetta» disse Nausica «vado a vedere cosa fa il nonno.»
Di lì a poco ritornò con un sorrisetto malizioso «Parmigiana di melanzane» annunciò.
«Chi la fa, l’aspetti»commentai e scoppiammo a ridere.
FINE



Foto dello gnomo, di Minerva e della Parmigiana di Melanzane.