IL NONNO E IL CONIGLIO
C’era una volta un nonno…
Voi mi direte, perché proprio un nonno quanto ci sono tante altre categorie di persone più adatte all’inizio di una fiaba? Ma questa storia non può cominciare con un re o con una bella principessa e nemmeno con una fata, per quanto buona essa possa essere, perché questa storia narra l’amicizia fra un nonno ed un piccolo coniglietto.
Quindi ricominciando direi che c’era una volta un nonno che aveva tre bei nipotini. Tre piccole pesti scatenate che lo tenevano sempre impegnato. La sua casa era un parco dei divertimenti quando le tre birbe si riunivano per giocare insieme ed il nonno si arrovellava nell’inutile tentativo di farli stare buoni.
Ma la nostra storia inizia quando un giorno, passeggiando nei campi, si fermò a riposare sotto un albero.
Era una bella giornata di primavera ed i primi fiori piegavano le loro corolle ad una brezza leggera.
Sotto l’albero si stava benissimo ed il nonno ne approfittò per schiacciare un pisolino.
Sognò d’essere giovane, anzi d’essere piccolo come i suoi nipoti e di correre e saltare felice in mezzo a loro. Poi nel sogno vide un’ombra scura che si addensava sopra di loro ed il fischio del vento farsi più forte. Si svegliò. Il tempo era cambiato ed il cielo stava riempiendosi di nubi cariche d’acqua. Era tempo di tornare a casa, anzi era meglio affrettarsi prima che il temporale scoppiasse.
Stava per andare via quando sentì un piccolo lamento. Era un lamento strano, flebile e sembrava provenire dall’albero a cui, prima si era appoggiato.
L’albero era un noce, un albero grande e possente che incuteva rispetto. Un albero che, se avesse voluto parlare, avrebbe avuto cento storie da raccontare, perché, dovete sapere, che anche gli alberi parlano quando ne hanno voglia, ma la voce, anche se proveniva dall’albero non era la sua. Il nonno, incuriosito, girò intorno al noce e trovò a metà altezza del tronco un’apertura.
Il lamento proveniva da lì.
Guardò dentro l’incavo e, adagiato su un letto di foglie, trovò un piccolo coniglietto impaurito.
Adesso voi vi chiederete cosa ci faceva un cucciolo di coniglio ad un metro d’altezza dentro un albero? La stessa domanda se la pose il nonno. Una mamma coniglia non nasconde i suoi piccoli in un albero, gli fa un bel nido accogliente raso terra, magari sotto un cespuglio, non fa l’equilibrista ad un metro d’altezza. Mentre il nonno si faceva tutte queste domande, il tempo decise che non poteva più aspettare e ruppe in un bel tuono, di quelli molto forti, tanto per far sentire che con lui era meglio non scherzare. A sentire quel boato spaventoso il coniglietto emise un lamento più forte e saltò in braccio al nonno che lo guardò sorpreso.
Cosa voleva quel coniglio da lui? Non si era mai occupato d’animali. Stava per rimetterlo in quella piccola tana quando insieme al primo scrosciare di pioggia, una saetta illuminò il cielo seguito da un tuono. Il coniglio si rifugiò in una delle ampie tasche del giaccone che lui indossava.
Non era il caso di restare a bagnarsi vicino ad un albero con il pericolo di un fulmine e così il nonno prese la via di casa.
Quando arrivò sua moglie, che stava preoccupata alla finestra, gli andò incontro con l’ombrello.
Dentro c’era già il camino acceso ed il nonno tese le mani al fuoco scoppiettante.
«Vai a cambiarti, hai vestiti tutti bagnati» disse la nonna «così prenderai un raffreddore.»
Il nonno appese la giacca bagnata alla spalliera di una sedia ed andò in bagno.
Stava finendo di cambiarsi quando sentì la voce di sua moglie.
«Caro, lo sapevi di avere un’ospite in tasca? Sembrerebbe un coniglio…»
Il coniglio, nella fretta di tornare a casa se lo era dimenticato!
« Un coniglio?» disse una vocina «Nonno ci ha portato un coniglio!»
Tre piccole voci iniziarono a mischiarsi.
«Che bello, un coniglietto…»
« Guarda quanto è piccolo…»
«Sembra Tippette…»
« Ma no, Tippette è un coniglio adulto…»
«Basta, bambini non vedete che è piccolo ed ha paura, non stategli così vicino. Da dove spunta questo coniglio?»
«E’ una storia strana. Era dentro un albero ad un metro d’altezza e tremava di paura. Quando è scoppiato il temporale mi è saltato addosso e si è rifugiato nella mia tasca e poi me ne sono dimenticato. Quando finirà la pioggia lo porterò indietro.»
«Nooo…» dissero in coro i bambini.
«Ragiona, nonno» fece la più grandicella con aria seria «Non può averlo lasciato la sua mamma in un posto così strano…»
«E’ vero…» confermarono in coro gli altri.
«Forse una volpe astuta lo ha portato lì per mangiarselo con più calma…»
«Nonno, non puoi permettere questo…» affermarono risoluti i visetti spaventati.
«E poi il coniglio ha il nostro odore, gli altri conigli non lo accetterebbero più. Morirebbe di fame e di stenti…»
«Non puoi essere così crudele, nonno. Teniamolo noi.»
Tre visi speranzosi lo guardarono.
Il nonno guardò la moglie, che sorrideva, «Va bene, terremo il coniglio»
«Evviva, evviva il nonno.»
E fu tutto un avvicendarsi intorno alla bestiola tremante per accoglierlo nella nuova casa.
L’indomani il nonno si armò d’assi di legno e chiodi e costruì per il coniglio una bella gabbia spaziosa e la pose vicino all’orto di casa in modo che la bestiola, oltre ad avere ortaggi sempre freschi, potesse godere della vista di tutto il giardino. Spesso la porticina della gabbia veniva lasciata aperta ed il coniglio scorazzava liberamente nel giardino assieme ai bambini.
Il tempo passò, perché il tempo passa sempre ed è inutile cercare di fermarlo e due nuovi cuginetti vennero ad ingrossare le file della nidiata che si radunava nella vecchia casa.
A proposito del tempo se ne raccontano tante. Si dice che il tempo sia un bel bambino, pronto già a sgattaiolare quando cerchi di fermarlo; altri dicono che sia una bella signora con dei grossi seni; altri ancora che sia un vecchio barbagianni che cammina appoggiandosi al suo bastone. Sono tante le storie che si raccontano; come la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto secondo come guardi la vita. Certo all’inizio del cammino hai fretta di arrivare e vorresti già essere grande, ma quando finalmente sei arrivato, vorresti tornare indietro. E’ così la vita, mai contenti.
Ma questa storia del tempo mi sta facendo divagare e rischio di perdere il filo della nostra storia.
Eravamo arrivati al momento in cui si erano affacciati alla vita due mocciosetti ed il nonno, che non aveva mai voluto recinzioni intorno alla casa , decise che forse adesso, con tutti questi monelli che scorazzavano liberi, era meglio che ci fosse una protezione ed in men che non si dica ecco pronta una bella schiera di paletti che delimitavano il giardino.
Il coniglio incuriosito era stato ad osservare tutto quell’affaccendarsi ed adesso era andato a constatare la novità al limite del giardino che dava sulla strada.
Quei paletti lo infastidivano, gli sembrava che lo soffocassero. Non si era mai sentito prigioniero dentro la gabbia e quando era libero, come adesso, non aveva mai provato il bisogno di scappare.
Fra le assi poteva ancora vedere i campi verdi che si snodavano al di là della strada, gli alberi, i fiori, i coniglietti che non aveva mai conosciuto. Un’improvvisa nostalgia gli serrò la gola.
Essere libero, correre fra l’erba dei campi che degradavano fino all’orizzonte…
Il rumore improvviso di una macchina che passava a tutta velocità sulla strada gli fece fare un balzo indietro. Il cuore gli batteva all’impazzata, dette un ultimo sguardo ai campi lontani e si avvicinò al patio dove il nonno, che stava riposando sulla sdraio, era rimasto ad osservarlo.
«Allora, hai deciso di restare?» gli chiese il nonno.
«Certo. Ormai siete la mia unica famiglia. Cosa ci farei, la fuori, in un mondo che ormai mi è estraneo?»
«Caro, con chi stai parlando?» chiese la nonna che in cucina stava preparando la cena.
«Con il coniglio. Mi ha appena detto che gli piacerebbe mettere sotto i denti una carotina bella fresca.»
«Hai sempre voglia di scherzare.» disse la nonna porgendo la carota al marito.
«No, dico sul serio. Vedi che aveva proprio voglia di mangiarla.» rispose indicando il coniglio e gli schiacciò l’occhio.
Il coniglio afferrò la carota, fece quello che sembrava un piccolo inchino ed andò in un angolo a mangiare in pace la sua carota.
«A volta sembra quasi che questo coniglio parli» fece la nonna pensierosa «è proprio diventato uno di famiglia.»
«Si, sembra anche a me.»
Dicevamo che il tempo passa. E’ come una ruota che gira senza mai fermarsi. Fino al giorno prima eri in cima alla ruota e ti sembrava di averne in abbondanza di tempo, l’indomani ti accorgevi che il tempo era passato ed avevi ancora mille cose da fare, ma forse quelle cose non erano più così importanti come pensavi prima.
La fine del giro venne anche per il coniglio che, con il passare degli anni, era diventato vecchio e grasso.
Il nonno se ne accorse un pomeriggio che era andato a controllare perché il coniglio non fosse uscito dalla gabbia quel giorno. Lo trovò disteso di fianco, con il cuoricino che batteva sempre più lentamente.
Capì subito che non ne avrebbe avuto per molto.
«Ehi, vecchio mio, cosa combini. Non puoi andartene così!»
Il coniglio aprì un occhio.
«Devo andare, è giunta la mia ora. Sono vecchio e stanco, mi dispiace lasciarvi. Vorrei ancora correre e giocare con i bambini, ma non ce la faccio più. Salutali per me, addio anche a te, vecchio amico.»
Poi reclinò la testa e si addormentò per sempre.
Il nonno gli preparò una piccola cassa di legno e lo seppellì in giardino, là dove era stata un tempo la sua gabbia. Non fu facile dirlo ai bambini. Un loro compagno di giochi era andato via, perché non si decideva a tornare? Ma il tempo ha tante virtù, una di queste è che rende meno doloroso il distacco, lenisce il dolore specie se sei giovane ed hai ancora mille altre risorse dentro di te.
Per i grandi è diverso. I grandi hanno una memoria più lunga e più tempo per ricordare.
Così ogni tanto il nonno, quando si sedeva nel patio, si trovava a guardare il giardino e rivedeva il coniglio come se lui fosse ancora lì.
La ruota del tempo, intanto, aveva fatto un altro giro ed erano cambiate alcune cose.
Anche il nonno sentiva che per lui non era più come un tempo. Le forze lo stavano abbandonando, era sempre più stanco e spesso si addormentava mentre era seduto in giardino.
Una sera che si era addormentato sulla poltrona sentì un improvviso gelo ed una voce chiamarlo.
«Nonno, è ora di andare.»
Il nonno aprì gli occhi. Era tutto come al solito: l’orto, il giardino, il patio. Spirava un vento freddo, forse era meglio rientrare.
«Nonno» ripeté la voce «è ora di andare!»
Guardò con più attenzione. Accanto a lui, nella penombra, il coniglio lo guardava con impazienza, battendo la zampa per la fretta.
«Dobbiamo andare, il vento sta aumentando, non ci resta più tempo.»
«Non è possibile» disse il nonno «tu sei morto!»
«Anche tu lo sei» rispose il coniglio «Mi hai trattato sempre con affetto e non volevo lasciarti solo in questo momento. Così ho chiesto se potevo venire a prenderti.»
Il nonno si alzò. Era da tanto che non si sentiva così bene. Sapeva anche lui che era giunta la sua ora, come per il coniglio tanto tempo prima. Guardò la finestra della cucina, al di là del vetro c’era la sua famiglia, provò una fitta di rimpianto per quelli che lasciava, ma poi non era del tutto vero. Lui sarebbe stato sempre lì nei loro cuori.
«Andiamo, sono pronto.» Disse al coniglio.
Il coniglio annui, il vento aumento d’intensità e li portò via insieme ad una folata di foglie secche.
Ecco era tutto finito.
Volevo raccontarvi la storia del nonno e del coniglio e mi sono ritrovata a parlare del tempo.
Tempo che inizia, tempo che scorre, tempo che finisce. Perché tutto quello che inizia ha una fine.
Proprio come questa storia..
FINE